Un’Italia divisa anche nella telefonia mobile

Leggevo stamani, in leggero (colpevole) ritardo, una polemica intorno all’utilizzo del surplus dato dagli incassi dall’asta LTE.

Le nuove frequenze telefoniche, infatti, stanno portando più soldi del previsto e il Ministro Romani proprone di utilizzarli per gli investimenti nella banda larga necessari nel nostro paese. Una scelta interessante che ovviamente si scontra con vari interessi.

Quel che mi ha colpito, seppur come mero spunto all’interno di un commento più vasto, è una dichiarazione di Enzo Savarese, commissario Agcom, riguardo alla situazione nazionale: “Non è ammissibile che gli operatori investano in alcune parti dell’Italia, dove c’è un ritorno piùimmediato dell’investimento, e si lascino indietro altre parti.”

Non so in quanti di voi si riconoscano in queste situazioni, ma sono diffuse.

Faccio un esempio personale: al momento cliente 3 Italia, gestico e leggo da una vita i commenti dei clienti: tanto grazie agli amici, quanto all’attività su Mondo3.

Insomma, comparazioni e analisi non mi mancano. Ecco, per esempio 3 Italia sono stato più volte a un passo dal volerla (ri)soprannominare 3 Nord. Sì, come la compagnia ferroviaria. Senza alcun riferimento politico sia chiaro, ma solo per ironizzare sulla diversa copertura tra i territori del Nord Italia e quelli del Centro. E’ palese (nonché, a mio avviso, anche giustificata dal punto di visto economico) la scelta di coprire alcune aree a scapito di altre.

Attenzione: non è un Nord vs. Sud, ma anche un centro contro periferia. Oltre a un’attenzione maggiore per le regioni più ricche, c’è anche una microgeopolitica interna sulle scelte che favoriscono, ad esempio, più l’area di Palermo che quella delle Madonie nella stessa provincia.

Ma è così anche con altri operatori. Certo.

Per paradosso anche il (lodevole) Progetto 1000 Comuni di Vodafone evidenzia come si siano preferite zone più urbane a quelle marginali delle aree montane.

Tutto questo cosa significa? Che in un mercato ormai maturo – siamo al ventennale o quasi – le (comprensibili) logiche di mercato dovrebbero lentamente attestarsi anche in un livellamento dell’offerta di connettività in mobilità. Sono belli ed interessanti i progetti per ridurre il “digital divide” tramite la rete mobile italiana, ma oltre ai comunicati servirebbe anche una risposta reale in tal senso.

Magari anche senza tanti tabù, traslare l’operazione delle Zone Blanche (ovvero quelle aree senza copertura dove si è intervenuto con una rete condivisa) potrebbe essere il futuro della rete mobile italiana. Ovviamente mi auguro ad alta velocità , altrimenti si torna al punto di partenza.

3 risposte a “Un’Italia divisa anche nella telefonia mobile”

  1. Condivisibile, il tuo è un ragionamento di buon senso che si scontra con le logiche di mercato e del profitto. Quindi hai ragione dal punto di vista del consumatore, ma non da quello dell’investitore.
    Il risultato è che non se ne esce, finché una politica governativa seria tutelerò il cittadino e incentiverà  gli operatori a coprire là  dove non lo fanno.

    Berns (Addetto ai lavori, anche in altezza)

  2. @ Berns: ci sono due esigenze opposte, è vero. E’ proprio per questo che ho tirato fuori l’esempio francese: serve un tavolo dove mettere sul piatto tutti i problemi, da quelli prettamente di sicurezza ed omogeneità di copertura dell’azione statale a quelli di profitto del gestore. Non mi sembra comunque così impossibile, se l’AgCom si muovesse in tal senso è un obiettivo che fondamentalmente potrebbe tornare anche a favore degli stessi operatori nel lungo periodo. Sempre che non intervenga direttamente il mercato…

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